VENETI E FRIULANI IN GROENLANDIA ORIENTALE SU PARETI SENZA TRAMONTO 1982.
Era ancora il tipo di alpinismo esplorativo che nel 1982 dopo due esperienze sulle Ande della Bolivia e del Perù, pensai di ribaltare, spingendomi con una spedizione composta da alpinisti Veneti e Friulani nella zona centro-settentrionale della “Schweizerland”, alla ricerca della cima tra le più alte ancora da scalare della Groenlandia, che ho poi salito in 33 ore continue di arrampicata con Ferruccio Svaluto Moreolo, cima che abbiamo chiamato «Alpe Adria», e cercando di tracciare delle vie difficili su grandi pareti, un esempio per tutte, la via «Storie di Straordinaria Follia» che Maurizio Dall'Omo, Gianni Pais De Gabriel e Daniele Zandegiacomo hanno aperto sulla cima Cyloom con difficoltà superiori al VII più in arrampicata libera e per la prima volta in Groenlandia, con scarpette e magnesio.
Da trenta ore stiamo salendo questa interminabile parete e la vetta è ancora lontana: sono molto stanco, mi mancano le forze e sono preso dal sonno, ho voglia di buttarmi su di un terrazzino e addormentarmi; e poi questo sole che non tramonta mai, guardo l’altimetro, siamo a 3.100 metri. Ferruccio mi chiama, lo recupero e gli cedo il passo, ricominciano le rocce ed è meglio che continui lui, io non ce la faccio più: forse era meglio fermarsi a metà e bivaccare, ma il sole che non tramonta mai ci ha imbrogliati: il giorno e la notte si sono sovrapposti senza farsene accorgere. Ora tutte le montagne che compaiono all'orizzonte sono sotto di noi, una selva di vette, guglie e pinnacoli mai calpestati da piede umano, pareti alte anche duemila metri, e poi la calotta glaciale che va a toccare le cime della Groenlandia occidentale, un deserto di ghiaccio che si perde ai nostri occhi. Avevo già avuto l'esperienza di andare in montagna nella notte artica, ma più a sud, vicino ai fiordi dove le cime sono molto più basse, dove il sole a un certo punto della notte scompare dietro ad altre montagne più alte, dove si arrampica anche in maniche di camicia: qui è tutto diverso, fa freddo nonostante il sole e le pareti sono immense. La corda si tende, tocca a me, anche se non ho nessuna voglia di continuare: levo i ramponi perché la roccia è liscia e pulita dal vetrato, salgo finchè non c'è più niente da salire. Non provo nessuna gioia, ma solo la voglia di tornare a casa e buttarmi nel letto.
L'altimetro segna 3.270 m, la cima è più alta di quello che pensavo, dovrebbe essere la terza vetta della Groenlandia, la più alta salita da alpinisti italiani. Ce l'abbiamo fatta! Scattiamo alcune foto con la Rollei di Ferruccio. perchè la mia si è ghiacciata, poi mi addormento un attimo, ma non è sonno, rivedo come in un incubo passare davanti agli occhi gli avvenimenti degli ultimi giorni: la partenza da Milano dopo mesi passati in mezzo alle scartoffie, telefonate e riunioni per organizzare questa spedizione, l'accoglienza di Dolfi Rotovnik presidente della Commissione alpinismo del Club Alpino Danese, a Copenhagen, dove oltre alle utilissime informazioni per la scelta della zona, ci ha messo a disposizione la sede del Danske Bjerg Club per passare la notte, poi la partenza per Sondre Stromfjord e finalmente, dopo otto anni, il ritorno a Tasiilaq: sotto la pioggia e per le strade ragazze e ragazzi ubriachi, distesi per terra, che urlano, cadono, si rialzano, piangono: resto sconvolto, ho voglia di andarmene: dove sono gli Inuit che conoscevo io?
L'indomani incontrando alcuni vecchi amici, vengo a sapere che il venerdì sera tutto questo è normale, che è la sera della birra, ma che in definitiva sugli ottocento abitanti di Tasiilaq, solo la metà beve.
La mattina del sabato, finalmente, ritrovo il villaggio di una volta, con la schietta cordialità che contraddistingue gli Ammassalimiut, gli Inuit più abili nel condurre un kayak e anche se ora usano le barche a motore, restano comunque cacciatori di foca insuperabili. I compagni della spedizione fanno subito amicizia e restano colpiti dalla socievolezza di questa gente, dalla loro umanità ed onestà.
Facciamo gli acquisti dei viveri, piove ancora e l'elicottero non può volare, allora andiamo alla ricerca dei massi che circondano il villaggio per fare passaggi, tenerci in forma: il sassismo fa così la comparsa anche sulla costa orientale della Groenlandia e ottiene subito un ottimo successo, visto che i giovani Inuit vogliono imitare le nostre gesta. Ferruccio e Daniele non si accontentano e dopo quattro ore di cammino raggiungono una parete dove riescono a tracciare una via nuova con passaggi molto duri.
Poi finalmente si parte, due viaggi di un'ora ciascuno con l'elicottero, sorvolando lunghi fiordi ghiacciati, in mezzo a una moltitudine di vette con pareti che fanno invidia a El Capitan in California. Poi il famigerato Migdard, un ghiacciaio crepacciatissimo mai percorso per intero, fino ad atterrare vicino alla morena che congiunge il ghiacciaio de France con il Pourquoi Pas, dove piantiamo il campo base. Avremmo voluto farci scaricare più su, ma ci volevano altri dieci milioni e noi non sapevamo proprio dove andare a pescarli.
Montiamo la radio ed eseguiamo il primo contatto con l'Italia a mezzo Giancarlo Salvadori, presidente dei radioamatori di Treviso, che ci ha promesso tutta la sua assistenza. Distribuisco le cartine con segnate le cime ancora inviolate e in base alle esigenze alpinistiche di ognuno si formano tre gruppi, senza nessuna imposizione, per cui mi ritrovo con Ferruccio, Marino e Stefano a risalire il ghiacciaio De France, verso l'Avangarden, carichi come muli: ognuno aveva uno zaino di circa 35 kg contenente viveri, tende, materiale alpinistico necessario per dieci giorni e in più un altro zaino di 40 kg da portare per dieci minuti a testa.
Tutti ci prendevano per pazzi, ma noi sapevamo che se si voleva fare le cime previste in Italia non c'era altro sistema, per cui, dato che qui non avevamo a disposizione gli sherpa come in Himalaya, e neppure i llama delle Ande, abbiamo camminato per tre notti (durante il giorno si sprofondava troppo) attraversando il Femstejernen, o Ragno Bianco, un deserto di ghiaccio nel quale confluiscono cinque ghiacciai, fino a giungere al ghiacciaio Kristians, dove un fiume profondo ci sbarra la strada.
Dopo un inutile girovagare, lanciamo un lazio attorno a un grosso masso che si trova sull'altra sponda e dopo aver teso la corda in modo da poterla recuperare, passiamo in traversata aerea.
Finalmente arriviamo in prossimità delle cime che finora avevamo potuto vedere solo sulla carta, piantiamo le tende e ci mettiamo a dormire. Marino e Stefano decidono di salire la cima che sovrasta il ghiacciaio Kristians, io e Ferruccio saliamo un ghiacciaio ripido per ore, fino alla base di quella che dovrebbe essere la cima più alta ancora da salire in Groenlandia.
Mi risveglio e mi ritrovo quassù, accanto a Ferruccio, mentre incomincia a nevicare: ho freddo ai piedi e senza parlare incominciamo a prepararci per scendere. A ogni tiro di corda cerco un po' di neve da strofinare sul viso per tenermi sveglio e finalmente arriviamo alla sella dove avevamo lasciato il fornelletto e il coprisacco, in cui c'infiliamo in due: così riusciamo, dopo più di 40 ore, a dormire un poco. Riprendiamo la discesa e fatichiamo a trovare la morena dove avevamo lasciato le tende, a causa di una fitta nebbia che ci fa girare a vuoto. Finalmente, dopo 52 ore, riabbracciamo Marino e Stefano che ci attendevano in tenda ormai da tempo. Ripartiamo per il campo base percorrendo un ghiacciaio nuovo, che avevamo scoperto dalla vetta e che ci conduce al campo base in 12 ore.
Intanto il gruppo di Maurizio e Gigi aveva attraversato il Ghiacciaio Porquoi Pas e aveva salito per due vie nuove una bellissima cima molto somigliante al Badile. Maurizio, Gianni e Daniele, in 23 ore avevano salito una parete di 1.200 m. in arrampicata libera, con passaggi estremamente difficili. Maurizio a un certo punto ha esclamato: manca un tetto e poi diventa una via come la Navasa alla Rocchetta! Poi il tetto è arrivato e Maurizio è passato in libera, lasciando a bocca aperta Daniele e Gianni, che carichi come muli hanno dovuto salire con i jumar.
A mezzanotte del 23 giugno 1984, Gianni Pais Becher accende la sua inseparabile pipa sulla cima *Tasiilaq* salita in prima assoluta con Ane Kuitse, Ferdinan Maqe e Fabio Delisi Guida Alpina di Roma.
Video di Gianni Pais Becher in dissolvenza incrociata sulle Spedizioni Alpinistiche fatte in Groenlandia negli anni: 1974*1982*1983*1984*1986. La sala era gremita di gente. Manca la Spedizione del 1989.
Spedizione alpinistica in Groenlandia Orientale*Regione di Ammassalik 1984*A mezzanotte su una delle tante cime inviolate
conquistate dai 14 componenti la Spedizione. Cima battezzata Tasiilaq luogo di nascita di Ane Kuitse e Ferdinan Maqe i due Inuit che hanno calcato per primi la vetta.
SPEDIZIONE ALPINISTICA IN GROENLANDIA DEL 1986
Nel 1986 sono ritornato con una spedizione leggera, insieme agli alpinisti Ferruccio Svaluto Moreolo e Peter Podgornik, ed inoltre i radioamatori di Treviso Pierantonio Zago e Sergio De Longhi; l'obiettivo è unico, e per di più una cima già salita: la parete nord dell'Ingolfjeld detto anche «l'Eiger della Groenlandia» del quale avevo già sentito parlare dal Presidente della Commissione alpinismo del Club Alpino Danese, Dolfi Rotovnik, e che Doug Scott nel suo libro «Le grandi pareti» definisce come "impressionante e tremenda la parete sud dell'Ingolfield che si innalza per circa duemila metri dai ghiacci sottostanti", ma a Copenaghen Dolfi mi aveva assicurato che per quello che lui aveva potuto vedere della parete nord, questa si presentava ancora più impressionante ed inoltre esposta a cadute di sassi.Come ho accennato prima, la salita a questa imponente montagna è avvenuta nel 1971 da parte di una spedizione iugoslava e più precisamente ad opera dei croati guidati da Jerko Kirgin, che riescono a salire per la cresta est. Ma è la parete sud, la più facile da raggiungersi dal fiordo, che dopo un paio di tentativi infruttuosi, assurge a fama internazionale, finché nel 1975 viene superata dagli inglesi guidati da Steve Chadwick's. Raggiunto per la prima volta un ghiacciaio posto in un anfiteatro alla base della parete nord dell'Ingolfjeld il 18 giugno, piantiamo il campo base e viste le buone condizioni della parete ci prepariamo per salire già l'indomani. Purtroppo la mattina dopo nevica, e del resto l'altimetro mi aveva gia dato deì segni premonitori. Il maltempo durerà ininterrottamente per 12 giorni, riducendo la parete rocciosa ad una lastra di vetrato e di neve, tanto da portare lo sconforto tra noi che ci eravamo preparati per una salita esclusivamente su roccia. Peter, che in gennaio aveva dovuto passare 15 giorni in una grotta di ghiaccio alla base della est del Cerro Torre prima di poter salire per la prima volta quella stupenda parete, si chiede se vale la pena prepararsi tanto, sprecare tanto tempo per una parete, ed effettivamente anche io e Ferruccio ci chiediamo se il gioco vale la candela. Finalmente una schiarita, ma le valanghe scendono dappertutto, scariche che non perdonano, ma e un anno che sto lavorando per questa parete! Perché non proviamo a salire per quei due canaloni? Sì, sono ripidi ma forse possiamo salire veloci, forse riusciamo ad evitare le scariche. Il 30 giugno a mezzanotte con un rapido cenno d'intesa decidiamo di lasciare le tende per incamminarci verso la base della parete.Dal 29 mattina non dormiamo, mangiamo parecchio perché sappiamo che non avremo molto tempo per fermarci, e vogliamo arrampicare finché non avremo superato la parete visto che qui non verrà mai buio. Abbiamo una corda di 120 metri, Peter in testa ed io e Ferruccio legati dopo 110 metri alla fine della corda, tutto questo per evitare posti di fermata inutili, dove, si sa, si perde molto tempo. Il canale è ripidissimo, Peter è bravissimo a salire più in fretta possibile con tiri di 100 metri anche su pendii di 75°-80, sotto le scariche di ghiaccio e sassi.Avvertito da Peter, arriva sopra la mia testa scende una scarica di sassi, schivo fortunatamente i più grossi ma uno colpisce lo spallaccio dello zaino e lo trancia in pieno. Devo solo ringraziare Peter Podgornik, altrimenti non sarei qui a raccontare l’episodio.Dopo 23 ore raggiungiamo finalmente un intaglio sulla cresta, la parete nord è superata per la prima volta, e anche se non abbiamo raggiunto la vetta per una via diretta come ci eravamo prefissi partendo dall'Italia, siamo riusciti comunque a salire e a vedere il fiordo al di là della cresta...!Riposiamo su una stretta cengia scavata sul ghiaccio per qualche ora senza però dormire, ma quando veniamo avvertiti via radio della possibilità che ritorni il maltempo, ed infatti incomincia a nevischiare, decidiamo di scendere in doppia per la via di salita, e ci vogliono ben 11 ore prima che riusciamo a toccare il ghiacciaio alla base della parete, dopo 23 doppie da 60 metri ed un traverso di oltre 50 metri. Sono 1.400 metri di via con pendenze che vanno dai 60° agli 80°.
Al ritorno al villaggio di Tasilaq veniamo festeggiati e con la barca a motore ci accompagnano in giro per i fiordi finché gli sguardi vengono attirati da un monolite roccioso che si erge a picco sul mare costellato di iceberg. Adam Kuitse mi spiega che l'Ortunuviaq, così da sempre è chiamata questa cima che sembra un dente mozzato, ha un'importanza notevole per gli Inuit perché posta all'imbocco del fiordo di Ammassalik, per secoli indicando la via giusta per ritornare a casa ai cacciatori Tunumiut soprattutto durante il maltempo e quando la nebbia fitta impediva di trovare l'ingresso del fiordo. Sua moglie mi invita a salirla, altrimenti che “qaqqarsiotou” (alpinisti) saremmo? Non ce lo facciamo ripetere due volte, e l'indomani, 9 luglio, accompagnati da Monica ed Ana con il motoscafo di Peter Andersen saltiamo direttamente su una cengia alla base della parete, e sotto un cielo di un azzurro intenso, spaziando con lo sguardo al di là dei grossi iceberg, verso l'isola di Kulusuk, Ferruccio inizia ad arrampicare in pantofole seguendo una serie di diedri e fessure, mentre noi lo seguiamo in scarpette ed io mi riempio gli occhi di magnesio. Urliamo di gioia: dopo l'incubo delle scariche sull'Ingolffjeld ci sembra di rinascere, e quando dopo 400 metri raggiungiamo la cima ci sembra un sogno; mentre gli Inuit laggiù in basso volteggiano con le imbarcazioni più felici di noi. Siamo subito d'accordo con Peter, la via si chiamerà*Arctics dreams*, mentre la vetta conserverà il nome datole dal popolo Inuit. Restiamo a lungo a goderci un paesaggio inconsueto, poi scendiamo con corde doppie lungo la parete ovest fino al motoscafo dove stavolta ad accoglierci ci sono anche le bambine: Malia, Siee e Maline.
Il giorno dopo, 10 luglio, rientravano in Italia Peter, Ferruccio, Sergio e Pierantonio. Gianni rimane ed accoglie i nuovi arrivati: i ricercatori del Museo di Storia Naturale di Venezia: Lorenzo Bonometto, Francesco Mezzavilla e il subacqueo Luca Mizzan. Dopo il saluto e lo scambio di doni con il Sindaco di Tasiilaq, incominciano le ricerche. Dapprima intorno alla costa dell’isola di Ammassalik, poi con due imbarcazioni guidate dagli Inuit, lungo il grandioso fiordo Sermilik costellato di iceberg, fino a Paornakajit, dove anticamente c’era un insediamento Inuit esauritosi in seguito ad un epidemia. Erano ancora evidentile tracce delle abitazioni costruite con sassi e zolle di terra e animali essiccati dal sole. Le ricerche di carattere naturalistico (raccolta di vertebrati e catalogazione dei vari tipi di uccelli) sono proseguite lungo un ampia area della costa di Ammassalik e dintorni grazie anche alla collaborazione della popolazione locale. Lasciamo Tasiilaq dopo un ricevimento con le autorità e parte della popolazione. Nel momento di partire guardo indietro con un’po di nostalgia. Dopo cinque spedizioni alpinistiche in Groenlandia, mi dispiace andarmene, ma so già che ritornerò, perché questa stupenda zona offre ancora moltissime possibilità sia di carattere alpinistico esplorativo nella parte settentrionale dove sono ancora numerose le cime inviolate, sia per lo sci alpinismo, lo sci estremo ma anche e soprattutto per l'arrampicata sportiva, viste le numerosissime pareti anche a picco sui fiordi che non sono ancora state salite.Arrampicare su queste montagne è diverso, sia perché qui non è necessario come sulle Ande od in Himalaya effettuare periodi di acclimamento, sia perché essendo tra 66⁰ e 67° di latitudine nord durante le giornate più calde è possibile arrampicare anche in pantaloncini ed in scarpette, ma soprattutto perché durante i mesi di giugno, luglio ed agosto è possibile arrampicare anche di notte. Di solito si parte per una salita la sera dopo cena, e chi è già in parete non ha bisogno di affannarsi per trovare un posto dove bivaccare, tanto qui non viene mai buio... anzi è meglio salire le pareti di ghiaccio durante la notte perché c'è meno pericolo di slavine e la neve regge di più. Qui cambiano anche le più radicate abitudini: si mangia quando si ha fame, si dorme quando si ha sonno, si confonde la notte con il giorno; si arrampica alla luce del sole di mezzanotte e l'assenza del pulviscolo atmosferico permette di vedere più lontano e si riesce a sentire anche il silenzio. I problemi sono invece rappresentati dall'isolamento più completo, perché può capitare di trovarsi ad un mese di cammino dal primo villaggio abitato, con il brutto tempo e magari con i viveri che scarseggiano e con l'elicottero che non può arrivare per mancanza di visibilità. Non ultimi i problemi di ordine economico: il viaggio aereo costa molto, senza parlare dell'eventuale noleggio dell'elicottero indispensabile per raggiungere le zone più lontane. Ma una cosa ormai è certa, la Groenlandia è una delle poche zone al mondo dove esistono ancora ghiacciai e montagne mai calpestate da piede umano, e dove in futuro gli alpinisti e coloro che cercano spazi incontaminati accorreranno numerosi.
Da sinistra: Peter Podgornik, Gianni Pais Becher e Ferruccio Svaluto Moreolo al campo base sotto all'Ingolfield.
Trascinando le slitte verso la zona dove piantare il campo base.
Componenti la Spedizione: da sinistra in basso (from the lower left): Antonio Colli, Gianni Pais Becher capo Spedizione (leader), Lino Di Lenardo e Luciano De Crignis.
In piedi da sinistra (from standing left are):Mauro Corona, Peter Podgornik, Ana Kuitse, Ferdinan Maqe, Roberto Mazzilis, Janko Humar, Fabio Delisi, Cristina Smiderle, Maurizio Dall'Omo e Luciano Zardini.
Mauro Corona e Gianni Pais Becher brindano ricordando la loro spedizione in Groenlandia del 1984.
IN GROENLANDIA SU PARETI SENZA TRAMONTO
Nella regione di Angmagssalik (Ammassalik) in Groenlandia Orientale, in un'area compresa tra 66° e 67° di latitudine nord e 35°40' - 38°00' di longitudine ovest, c'è una vasta ed interessante zona montuosa (10.750 km) che racchiude centinaia e centinaia di vette, che nella varietà delle loro forme ricordano da vicino le nostre Alpi. Individuata solamente nel 1912 dagli esploratori svizzeri guidati da De Quervain, mentre stavano per concludere la terza traversata della Groenlandia, lungo un itinerario intermedio tra quelli percorsi precedentemente da Peary e Nansen, venne dagli stessi chiamata “Schweizerland”, nome che compare tuttora nella carte edite dall'Istituto Geodetico Danese. Quest'estesa selva di montagne, che emergono dal mare e si spingono all'interno per oltre 100 km, fin dove vengono dapprima semi sommerse dal ghiaccio diventando nunatak, per poi scomparire del tutto sotto alla spessa calotta glaciale, è divisa in catene da grandiosi ghiacciai che si dipartono dall'indlandsis e dopo un percorso talvolta anche di oltre novanta chilometri, con una larghezza massima di dodici chilometri, scendono a scaricarsi nelle fredde acque dei fiordi. Durante gli ultimi 50 anni c’è stato un lento ma progressivo ritiro dei ghiacciai,
ben evidente anche ad occhio nudo per le tracce rimaste sui fianchi delle montagne.
La cima più alta è il Mount Forel m 3.360, che è anche la seconda di tutta la Groenlandia, ma nella parte settentrionale numerose sono le cime che si avvicinano a quest'altezza, alcune delle quali ancora inviolate. Le montagne nel periodo che va da metà giugno a metà settembre presentano le pareti esposte a sud libere dalla neve, per cui e possibile arrampicare anche in scarpette, tenuto conto che la temperatura durante questo periodo può salire anche sopra i 25° nelle giornate di sole pieno, mentre nei versanti settentrionali le pareti generalmente sono perennemente ricoperte di ghiaccio. Alcune pareti raggiungono anche i duemila metri di dislivello, e questo è dovuto al fatto che queste iniziano a poche centinaia di metri sopra il livello del mare. Molti alpinisti hanno esplorato e salito le cime della Schweizerland, basti pensare che oltre 60 spedizioni hanno operato nella parte meridionale vicino ai fiordi, ed oltre una ventina in quella settentrionale fino all'indlandsis ma ciononostante sono ancora numerose le cime inviolate e moltissime le pareti che non sono mai state salite. Del resto fino agli anni ottanta il tipo di alpinismo praticato in questa regione è stato soprattutto di carattere esplorativo, non disgiunto da abbinamenti con spedizioni indirizzate verso la ricerca scientifica, per cui sono state salite numerose cime per i versanti più facili, mentre le più ardite e le grandi pareti non sono state prese in considerazione.
Tra queste spedizioni meritano comunque di essere ricordate soprattutto: la spedizione svizzera del 1938 guidata da Andrè Roch che ha salito per primo il Mount Forel ed alcune tra le più importanti cime della zona. Anche i giapponesi con la spedizione di Hiroshi Nakajma nel 1966 e con quella di Kinju Ikeda nel 1968 sono riusciti a compiervi alcune ascensioni di rilievo. Ma sono stati soprattutto gli alpinisti inglesi a dare un contributo notevole alla conoscenza di questa regione, soprattutto nella parte settentrionale; basti ricordare le spedizioni dell'Imperial) College del 1966 e '67, della Royal Navy nel '66, dell'Esercito Britannico nel 68 e quelle di Derek Fordahm negli anni successivi. Anche gli alpinisti jugoslavi hanno visitato la zona con quattro importanti spedizioni; ad essi si deve infatti la prima assoluta all'Ingolfjeld e soprattutto con la spedizione di Stane Klemenc nel 1981, una svolta al tipo di alpinismo fin allora praticato, passando da quello esplorativo a quello delle grandi pareti per vie difficili.
Numerosi italiani hanno visitato queste montagne: una quindicina di spedizioni ha privilegiato soprattutto la zona costiera della regione e tra queste meritano di essere ricordate soprattutto quelle di Sergio Macciò, di Attilio Farina, Tullio Corbellini, Giancarlo Testera, Leonardo Mosca, Aldo Daz, e Oberrauch; e come non ricordare anche il compianto Giuseppe Agnolotti, morto nel 1983 sulla costa occidentale della Groenlandia e sepolto in un crepaccio dove si trova tuttora insieme a Pettegiani e Bologna, che fu uno dei primi alpinisti italiani a recarsi nella zona di Angmagssalik nel 1966 con una spedizione danese, anche se i primi in assoluto sono stati il Prof. Silvio Zavatti ed il Prof. Massimo Cirone nel 1963 con una spedizione di carattere scientifico. Nel 1966 ha fatto la comparsa nella zona anche Mario Fantin, al quale si deve tra l'altro la monumentale opera «Montagne di Groenlandia» edita nel 1969. Le mie esperienze iniziano nel 1974, quando ricorrendo il centenario di fondazione della sezione Cadorina del C.A.I. di Auronzo, grazie ai preziosi consigli di Mario Fantin, pensammo di festeggiare l'avvenimento organizzando una spedizione sulla costa orientale della Groenlandia. Posto il campo base di fronte ai ghiacciai Knud Rasmussen e Karale, divisi in due gruppi guidati da me ed Alziro Molin, visitammo una area estesa, scalando numerose cime inviolate alcune anche in solitaria.
Maurizio dall'Omo, detto Icio, mentre apre la via *Storie di Straordinaria Follia*
In GroenlandiaOrientle il 1 luglio del 1982.
Gigi e Oliviero invece hanno salito lo spigolo per una via molto difficile, lunga 1.400 m: e quando erano ormai vicini alla vetta si è staccato un grosso masso, che per fortuna ha colpito Gigi solo di striscio.
Ha dovuto dapprima farsi recuperare e poi calare da Oliviero lungo un ripido canale di ghiaccio per 1.000 m.
L'altro gruppo composto da Tonino, Gemignano, Lucio e Nico, ha salito ben sei cime inviolate, nella zona compresa tra il campo base e il lato opposto del Glacier De France, tra le quali una con passaggi molto difficili dedicata ai Radioamatori di Treviso che sono sempre stati in continuo contatto con la radio del campo base, dove si erano fermati Enea, medico della spedizione e la sua donna Anna, che aveva anche le funzioni di cuoca.
Nel frattempo. Oliviero e Gianni Pais Gabriel, salivano un'altra cima sovrastante il ghiacciaio Pourquoi Pas.
RELAZIONE SULL'ATTIVITA' DELLA SPEDIZIONE ALPINISTICA 1982
Durante il periodo di permanenza in Groenlandia e cioè dal 18 giugno al 12 luglio 1982 sono state salite 10 cime inviolate, aperte 15 vie nuove e percorsi due ghiacciai inesplorati, L’attività viene sintetizzata come segue: Durante i giorni 2 e 3 luglio, le Guide Alpine Gianni Pais Becher e Ferruccio Svaluto Moreolo scalano per la parete nord ovest che ha uno sviluppo di 1.800 m una cima inviolata di 3.270 m, che dovrebbe essere la terza cima della Groenlandia salvo che ne venga scoperta una più alta. La via presenta difficoltà di ghiaccio con pendenze tra i 60° ed i 65°, e tratti di misto e di roccia difficili. La cima è stata chiamata: ALPE ADRIA
La seconda in ordine di altezza è stata salita il 2 luglio da Marino Di Lenardo e Stefano Sinuello per la parete sud aprendo una via dello sviluppo di 1.100 m in 7 ore di arrampicata. La via ha pendenze di ghiaccio di 50° e difficoltà di roccia abbastanza sostenute.
Alla cima è stato dato il nome di cima PERTINI.
La terza di 2.350 m è stata salita per due vie nuove: Maurizio Dall'Omo detto Icio, Gianni Pais De Gabriel e Daniele Zandegiacomo hanno salito la parete ovest lungo una via di 1.100 m in 23 ore di arrampicata libera. La via che è la più dura finora aperta in Groenlandia, è estremamente difficile, ed è stata scalata il 1 luglio. Gigi Dal Pizzo ed Oliviero Olivier ne hanno percorso lo spigolo sud est in 18 ore lungo una via di 10 min arrampicata libera, la via viene definita molto difficile. La cima è stata chiamata: CYLOOM.
Il 4 luglio, Oliviero Olivier e Gianni Pais De Gabriel, salivano lo spigolo sud est di una cima alta 1.900 m lungo una via di 800 m definita difficile. La cima è stata chiamata: CADORE. Tonino Cella, Nico de Santa, Lucio Anziutti e Gemignano Veritti durante i giorni 2-3-4-5 luglio hanno salito sei cime inviolate, CIMA CARNIA di 2150 m, CIMA FORNI DI SOPRA di 2080 m, CIMA PAULARO di 2050 m, CIMA RADIOAMATORI TREVISO di 2010 m, CIMA DAVOST di 2.000 m. CIMA LANG di 1780 m. Le difficoltà su roccia incontrate in queste ascensioni vengono definite abbastanza difficili mentre le pendenze su ghiaccio vanno fino ai 55°.
Il 23 luglio, sopra Tasiilaq, Ferruccio Svaluto Moreolo e Daniele Zandegiacomo hanno aperto una via nuova su una parete di 230 m con passaggi estremamente difficili, mentre la via viene definita complessivamente difficile. La cima alta 1.000 m era già stata salita. Le altre vie nuove sono state percorse anche in discesa.
Groenlandia 1974. Da sin. in alto: Giuseppe Macchietto, Alziro Molin, Alberto Berti, Gianni Pais Becher, Eraldo Pais Becher.
In basso da sin.: Pippo Barbieri, Enzo Lancellotti e Claudio De Zordo.
IL DISGELO DELLA GROENLANDIA ORIENTALE*VIDEO DI GIANNI PAIS BECHER* AMMASSALIK*SERMILIK FIORD* Sono stato sei volte in Groenlandia per effettuare Spedizioni Alpinistiche ed esplorative, studiando le zone con montagne inviolate e ghiacciai mai calpestati da piede umano. Nel 2024 sono passati 50 anni dalla prima spedizione in Groenlandia. Nel 1974 ricorreva il centenario della costituzione della Sezione Cadorina del C.A.I. Per festeggiare l'evento abbiamo organizzato una Spedizione Alpinistica nella Groenlandia Orientale. Arrivati a Tasiilaq della Regione di Ammassalik con un peschereccio abbiamo navigato a lungo per i fiordi fino a percorrere tutto il Fiordo Sermiligaq per giungere in mezzo ai due Ghiacciai Karales e Knud Rasmussen. dove abbiamo posto il campo base. Ben presto abbiamo dovuto togliere le tende per lo stacco di un gigantesco iceberg dal Ghiacciaio Karales che, caduto nelle acque del Fiordo le ha alzate per più di due metri che hanno invaso tutte le rive, compreso il nostro campo base, E' stato il primo contatto con il disgelo già iniziato allora 50 anni fa. Sono tornato in Groenlandia nel 1982 capo spedizione di un gruppo di alpinisti Veneti e Friulani. Stavolta siamo entrati nel cuore della zona montagnosa della Groenlandia Orientale. Era una spedizione libera, forse la prima e dopo aver posto il campo base su una morena del ghiacciaio limitrofo del Glacier de France, ho distribuito a ciascuno le foto aeree dove erano indicate le zone ancora inviolate e ho chiesto di scegliere liberamente i compagni con i quali arrampicare e le zone preferite. Un gruppo nel quale partecipavo anch'io, ha scelto di andare lontano, attraversando ghiacciai e montagne per raggiungere la zona dove operare. Arrivati al ghiacciaio Kristian, a metà siamo stati bloccati da un fiume di acqua che portava al mare centinaia di metri cubi di ghiaccio che si stava sciogliendo e testimoniava senza ombra di dubbio che i ghiacciai della Groenlandia si stavano sciogliendo come non era mai successo. Siamo riusciti a passare solamente con il lancio della corda a lazo intorno a un grosso masso che era stato trasportato dal ghiacciaio dall'altra parte del fiume con acque impietose che era impossibile attraversare per la forza della corrente che scendeva sempre più forte. Abbiamo teso la corda e siamo passati in traversata aerea.come facevamo sulle nostre Dolomiti. Ritornato in Italia, ho partecipato a molte conferenze con diapositive nelle più importanti città italiane, dove esternavo quello che avevamo visto dicendo che il clima stava cambiando a vista d'occhio.. Alla fine di ogni conferenza prendeva la parola un "sapientone", dicendo che potevamo stare tranquilli e che era il clima normale come sempre. Nessuno mi credeva.. Già nelle spedizioni alpinistiche del 1974 del 1982- 83 e 1984 avevo verificato che i ghiacciai della Groenlandia Orientale stavano sciogliendosi. Lo dicevo durante le numerose conferenze con diapositive ma nessuno mi ha creduto. nonostante le diapositive che facevano vedere chiaramente il disgelo. Questo video, risale al 1986, quando dopo la spedizione alpinistica mi hanno incaricato di attendere l'arrivo degli esperti del Museo Naturale di Venezia per guidarli nelle loro ricerche: Lorenzo Bonometto, Francesco Mezzavilla e Luca Missan. Con una barca di pescatori abbiamo navigato tutto il giorno per il grandioso fiordo Sermilik, in mezzo a centinaia di enormi iceberg che si staccavano in continuazione dai ghiacciai. Per finire la sera a piantare le tende alla fine del fiordo. In un isola nominata Paornakajît dove abbiamo trovato anche un cane da slitta mummificato. Non mi dilungo con tutto quello che ho verificato anche nelle spedizioni successive. Se si fossero prese le precauzioni necessarie già negli anni 80, non ci saremmo certo trovati nella situazione attuale. L'ultima spedizione è del 1989, sul ghiacciaio Fenris. La zona dove abbiamo salito diverse montagne inviolate, dove però ho potuto verificare che il disgelo cominciato già nel 1974, aveva raggiunto il suo apice: il ghiacciaio era, ricoperto tutto da una polvere nera e in decine di rigagnoli correva acqua a dismisura anche di notte. Da allora, non sono più ritornato in Groenlandia, ogni volta che penso che avrei dovuto urlare al mondo per fare capire la necessità di prendere misure necessarie. a salvare i disastri che si stanno compiendo con il clima impazzito. Avevo provato ma ancora oggi moltissimi gli increduli, una grande parte di coloro che potrebbero intervenire ma non lo vogliono fare , non credono ancora oggi che tutto questo sia successo, senza pensare al futuro dei propri figli e dei nipotini ma solo al proprio benessere personale. Addio Groenlandia, ormai se tornassi non ti riconoscerei più. Intanto i politici continuano con il loro bla bla bla senza risultati.
Da una foto di Robert J. Peckham, foto ufficiale del 1984. Questa cima inviolata è stata scalata per la prima volta da Mauro Corona, Luciano Zardini e Antonio Colli.
Peter Podgornik, Gianni Pais Becher e Ferruccio Svaluto Moreolo in un video di arrampicata per una via nuova sul mare
VIDEO GIRATO IN GROENLANDIA DA GIANNI PAIS BECHER E ALZIRO MOLIN IN ARRAMPICATA AOPRA IL MARE
Groenlandia 1974. Da sin. in alto: Giuseppe Macchietto, Alziro Molin, Alberto Berti, Gianni Pais Becher, Eraldo Pais Becher.
In basso da sin.: Pippo Barbieri, Enzo Lancellotti e Claudio De Zordo.
SPEDIZIONE ALPINISTICA *FIRENZE GROENLANDIA 1989*
Partiti da Venezia il 21 giugno 1989: Alziro Molin Guida Alpina di Misurina, Gastone Lorenzini di Firenze, promotore dell'iniziativa, e Gianni Pais Becher Guida Alpina di Auronzo, i componenti della Spedizione Alpinistica Firenze Groenlandia 1989. La meta era una zona montagnosa della Groenlandia Orientale, scoperta nel 1982 da Gianni, compresa tra il grandioso fiordo Sermiliq e la calotta glaciale, mai calpestata da piede umano.
Arrivati in Islanda, con un piccolo aereo sono atterrati sull'isola di Kulusuk e con l'elicottero hanno raggiunto il villaggio di Tasiilaq distretto di Ammassalik, dove hanno acquistato una parte dei viveri. Il 26 giugno, elitrasportati nei pressi del grande ghiacciaio Fenris al limite del indlandsis, hanno installato il Campo Base. Aproffitando de bellissimo tempo i tre sono partiti già il giorno dopo alla volta della cima principale che era raggiunta attraversando un ghiacciaio inesplorato per il versante est dopo 11 ore
con pendenze fino ai 55%. Dopo una breve sosta sulla vetta da dove hanno potuto individuare le mete successive, sono scesi lungo la stessa via, verificando per la prima volta in Groenlandia il ghiacciaio ricoperto da una coltre nerastra e con numerosi rigagnoli di acqua corrente, segno che in Groenlandia l'effetto serra è cominciato molto prima che ne parlassero in Europa. Gianni racconta che aveva già verificato lo scioglimento dei ghiacciai a un ritmo impressionante anche anni prima.
Raggiunto il campo base durante la notte artica illuminata dal sole che durante i mesi d'estate non tramonta mai, dopo un breve riposo Alziro e Gastone salivano altre due cime inviolate. Gianni invecde da solo portava a termine la prima traversata completa del crepacciato ghiacciaio Fenris, raggiungendo un circo montagnoso con diverse cime inviolate
Salito per un ripido canalone ghiacciato, e una serraccata di circa seicento metri con pendenze a tratti superiore ai 70 gradi, raggiungeva la vetta di quattro montagne collegate tra loro da un lungo crinale di oltre 10 chilometri. Due di queste vette Gianni le dedica ai figli Tatiana e Giuseppe Pais Becher, di 14 e 10 anni, le altre due una cima Tunumiut (che significa Inuit della Groenlandia Orientale: Tunu è la costa orientale Della Groenlandia e Miut il popolo che vi abita) , l'altra Ingerassiler Tasiilamiut per ringraziare gli Inuit residenti nel Villaggio di Tasiilak che durante tutte le 6 spedizioni effettuate in Groenlandia orientale, hanno sempre accolto Gianni e gli alpinisti a braccia aperte. Il ritorno al campo base è avvenuto lungo lo stesso percorso dopo 25 ore dalla partenza. Successivamente anche Alziro e Gastone effettuavano la traversata completa del ghiacciaio Fenris.
In soli dieci giorni la spedizione è riuscita a salire ben 7 cime inviolate. Grazie al tempo che è stato sempre bellissimo.
Rientrati a Tasiilaq i tre alpinisti non sono rimasti con le mani in mano, il giorno 8 luglio dopo essere trasportati con
un motoscafo da Ana Kuitse e sua sorella Monica, abbiamo raggiunto la parete rocciosa dell'Ortunuviaq di circa 400 metri, sovrastante lo Stretto di Danimarca costellato di Iceberg, dove Gianni ed Alziro hanno aperto una via nuova visibile nel video in you tube qui sotto. I primi ad aprire una nuova via e raggiungere la cima erano stati Peter Podgornik, Ferruccio Svaluto e Gianni Pais Becher nel 1986.
Groenlandia 1982: da Sin. in alto: Stefano Sinuello, Maurizio Dall'Omo, Gigi Dal Pozzo, Oliviero Olivier, Nico De Santa, Anna Sberla, Tonino Cella,
Daniele Zandegiacomo e Gemignano Veritti. In basso da sin.: Gianni Pais De Gabriel, Enea Gavazzi,
Gianni Pais Becher, Ferruccio Svaluto Moreolo e Marino Di Lenardo.
COMPONENTI LA SPEDIZIONE ALPINISTICA 1982 IN GROENLANDIA ORIENTALE:
GIANNI PAIS BECHER 34 anni, guida alpina di AURONZO (BL) capospedizione;
LUCIO ANZIUTTI 33 anni FORNI DI SOPRA (UD) alpinista;
TONINO CELLA 29 anni di PAULARO (UD) alpinista;
GIGI DAL POZZO 26 anni, di BELLUNO alpinista;
MAURIZIO DALL'OMO 22 anni, di PIEVE DI CADORE (BL) alpinista;
NICO DE SANTA 26 anni, di FORNI DI SOPRA (UD) alpinista;
MARINO DI LENARDO 23 anni, di S. GIORGIO DI RESIA (UD) alpinista;
ENEA GAVAZZI 40 anni, di SAURIS (UD) medico della spedizione;
ANNA SBERLA 25 anni, di SAURIS (UD) infermiera e cuoca;
OLIVIERO OLIVIER 24 anni, di ZOLDO (BL) alpinista;
GIANNI PAIS DE GABRIEL 23 anni, di AURONZO (BL) alpinista;
STEFANO SINUELLO 19 anni, di CIVIDALE (UD) alpinista;
FERRUCCIO SVALUTO MOREOLO 22 anni, DOMEGGE (BL) guida alpina e maestro d’alpinismo.
GEMIGNANO VERITTI 33 anni, di FORNI DI SOPRA (UD) alpinista;
DANIELE ZANDEGIACOMO 25 anni, di AURONZO DI CADORE (BL) alpinista.
Dopo un'altra avventura nel1983 con l'associazione Amici della Groenlandia, nel 1984 in occasione del centenario della scoperta degli unici uomini viventi sulla costa onentale, gli «Inuit Tunumiut», sono riuscito a coinvolgere due diretti discendenti di quei 413 individuati nell'agosto del 1884 dall'esploratore danese Gustav Holm: i Tunumiut Ferdinan Maqe ed Ane Kuitse sono così diventati i primi alpinisti Inuit di tutta la storia dell'alpinismo e con due sloveni e dieci italiani hanno composto una spedizione alpinistica internazionale, da me organizzata per tentare di salire alcune belle montagne che avevo intravisto da cima Alpe Adria nell'82 e che dopo approfondite ricerche ed una fitta corrispondenza con l'inglese Robert J. Peckham, sapevo inviolate. Il risultato è stato di 27 vie nuove, alcune con passaggi di VII e VII + delle quali 20 su cime inviolate, inoltre Luciano De Crignis ha effettuato due discese di sci estremo, ed i due groenlandesi hanno salito quattro cime inviolate; due delle quali in cordata da soli, dedicandole ai loro villaggi ed alle loro famiglie: cime “Tasiilaq, Tiniteqialq e Kuitse-Maqe-Lu Qaqqardivaa e Malia Qaqqardivaa”. Oltre a me ed ai due inuit, hanno partecipato a questa spedizione gli sloveni Peter Podgornik ed Janko Humar, gli ampezzani Tone Colli e Luciano Zardini, il romano Fabio Delisi, il cadorino Maurizio Dall'Omo, la dottoressa di Schio Cristina Smiderle ed i friulani Lino Di Lenardo, Roberto Mazzillis e Luciano De Crignis e Mauro Corona di Erto, che oltre a salire diverse cime inviolate, si è incontrato con famosi scultori di "Tupilak" tipiche rappresentazioni fantastiche in osso, e in tale occasioni ha avuto luogo un interessante scambio di diverse esperienze artistiche.
GROENLANDIA 1984
SPEDIZIONE ALPINISTICA INTERNAZIONALE IN GROENLANDIA ORIENTALE 1984
Distretto di Ammassalik - organizzata in occasione della ricorrenza del centenario della scoperta degli Inuit Tunumiut.
E’ rientrata ad Auronzo la spedizione Internazionale nella Groenlandia Orientale che è stata organizzata in occasione della ricorrenza del centenario della scoperta di 413 Inuit TUNUMIUT avvenuta ad opera dell'esploratore danese Gustav HOLM, che partito alla ricerca di eventuali superstiti della colonia vichinga di Erich il Rosso, trovava nella zona che va dal 66 al 67° parallelo una serie di piccolissimi insediamenti umani, dei quali fino all' agosto del 1884 era sconosciuta l' esistenza.
La spedizione, organizzata dalla guida alpina di Auronzo Gianni PAIS BECHER, che per la quarta volta si è recato in Groenlandia, è stata accolta e festeggiata da parenti ed amici e ricevuta nella sala consiliare del Comune di Auronzo dove sono state consegnate delle targhe ricordo a tutti i componenti. Era presente anche il Presidente dell' Associazione Italiana Amici della Groenlandia nonchè Presidente del Club Alpino Italiano di Roma, sig. Bruno DELISI che ha consegnato una targa dell' Associazione con incisi tutti i nomi dei componenti, al capo spedizione. Hanno presenziato alla manifestazione anche i rappresentanti della Regione del Veneto e della Cassa di Risparmio di Verona Vicenza e Belluno Enti che hanno patrocinato la Spedizione, ed inoltre i rappresentanti delle Guide Alpine di Auronzo e di Cortina e del Soccorso Alpino.
Dopo i saluti dell' Assessore allo Sport Rodolfo ZANDEGIACOMO e quelli di Bruno DELISI, il capo spedizione Gianni è passato ad illustrare le vicissitudini della spedizione mettendo in rilievo i risultati per i quali la stessa può essere considerata come la più difficile e la più completa della storia dell'alpinismo nell’intera Groenlandia, risultati che si possono riassumere come segue:
27 vie nuove delle quali 20 su vette inviolate, due di queste vette sono tra le più alte dell'intera Groenlandia, ed alcune vie presentano dei passaggi estremamente duri (7a e 7a+i più difficili mai fatti in Groenlandia.
La spedizione composta da dieci Italiani, due Sloveni e due Groenlandesi è di fatto la prima spedizione internazionale che ha operato in quella zona, ed anche la prima in assoluto ad avere come componenti due alpinisti Groenlandesi, i primi Inuit della storia della scoperta e dell'ascensione delle montagne della terra, essi hanno voluto nel centenario della scoperta dei loro nonni, salire quattro vette inviolate della Groenlandia per dedicarle ai loro villaggi ed alle loro famiglie.
Luciano De CRIGNIS ha effettuato due discese di sci estremo su pareti dove in precedenza era salito per vie nuove. Alla spedizione hanno partecipato due donne, che oltre a non creare alcuna difficoltà alla stessa, hanno potuto esprimersi in arrampicate dure, sgobbando come gli altri se non di più. E’ stata la seconda esperienza di spedizione "LIBERA", nel senso che una volta giunti al campo base, sono state distribuite delle cartine e delle foto aeree dove erano identificate le cime inviolate, per cui ognuno ha scelto obbiettivi e compagni di cordata a seconda delle proprie esigenze, ed ha potuto esprimere liberamente senza nessuna imposizione da parte del capo spedizione, né di obiettivi né di scelta dei compagni di cordata e delle difficoltà da affrontare. Questo ha anche fatto che oltre alla perfetta riuscita della spedizione sotto il profilo tecnico ed alpinistico, ci sia stata un esperienza di rapporti umani tra i 14 componenti, che ha superato di gran lunga le previsioni, tanto che al momento di separarci ad Auronzo, ci sono stati momenti di esitazione e qualcuno aveva le lacrime agli occhi.
La prima esperienza di spedizione libera era stata tentata sempre da Gianni PAIS BECHER in Groenlandia durantela spedizione Veneto Friulana del 1982, che oltre a salire la probabile terza vetta della Groenlandia, ha dedicato una cima al Presidente della Repubblica Sandro PERTINI. Anche quella volta i risultati sono stati abbastanza positivi, ma non di certo paragonabili a quelli di questa spedizione.
Peter PODGORNIK e Gianni hanno girato un film in superotto che, appena pronto, oltre che utilizzato per le conferenze verrà anche immesso nei circuiti televisivi e presentato ai film festival specializzati.
I risultati della spedizione oltre che essere trasmessi alle riviste specializzate di tutto il mondo, saranno trasmessi al pubblico.
La spedizione ha inoltre scattato oltre 3.000 diapositive. Per quanto riguarda l'aspetto scientifico della zona visitata si è preferito riferirsi a precedenti appositamente organizzate che hanno pubblicato i loro risultati in maniera soddisfacente, sono stati comunque prelevati dei campioni di minerali e fotografate varie specie di vegetazione.
ABBIAMO RISCONTRATO IL CONTINUO IMPRESSIONANTE RITIRO DEI GHIACCIAI VISIBILE A OCCHIO UMANO DI ANNO IN ANNO .
Durante la spedizione non sono successi incidenti anche se a molti mentre arrampicavano o sciavano sono partite delle valanghe sotto i piedi e se qualcuno è finito dentro a un crepaccio uscendone da solo con ramponi e piccozze. Evidentemente la spedizione è stata assistita da una buona dose di fortuna. Il tempo è stato ottimo per dieci giorni, gli altri sono stati pessimi con bufere di neve molto forti che hanno causato il ritardo dell'elicottero che doveva venire a prelevarci, per cui gli ultimi giorni siamo stati costretti a razionare i viveri ed abbiamo patito la fame. Il nostro campo base che era posto a 69 47' nord ed a 36 e 20 ovest, distava un mese di cammino dal primo centro abitato e cioè dal villaggio di Kungmiut di appena 474 abitanti, 1' unico collegamento con il mondo esterno era dato dalla radio con la quale ci siamo collegati giornalmente con i radioamatori di Treviso e di Vicenza che facevano capo al ormai collaudato Gigi DE SIMON che per noi in sigla era Italia 3 Udine Zara. Se ci fosse successo qualcosa avremmo potuto far avvertire l' eliporto di Ammassalik che ci avrebbe mandato l' elicottero, solo però col bel tempo, per cui in caso di cattivo tempo saremmo rimasti completamente isolati..
Oltre a quello elencato sopra, la spedizione non ha mancato di ricercare contatti umani con la popolazione del luogo, e sotto questo aspetto bisogna dire che siamo stati molto agevolati sia dalle conoscenze del nostro capo spedizione che dopo quattro volte ad Ammassalik è ormai di casa, ma anche soprattutto dalla partecipazione alla spedizione di due alpinisti locali, che ci hanno permesso di avere degli scambi culturali non indifferenti, di essere ospitati nelle loro case, e non ultimo, Mauro CORONA che oltre che ottimo alpinista è anche un affermato scultore, ha potuto avere uno scambio di esperienze con il più famoso scultore locale che privilegia i TOUPILAK; amuleti in ossa di tricheco e di narvalo. La richiesta pi pressante giunta al capo spedizione da parte dei componenti è stata quella di organizzarne un' altra simile magari governo cinese permettendo sulle montagne ancora inviolate del Tibet.
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